OMELIA DELLA MESSA CRISMALE
Basilica Cattedrale, 12 Aprile 2006
Sorelle e fratelli miei nella consacrazione battesimale, cari fratelli nel Sacramento del Presbiterato, carissimo Vescovo Vasco Giuseppe, amico e padre di questa Chiesa Volterrana unitamente al Vescovo Ovidio, forzatamente assente da questa celebrazione per motivi di salute, eccoci ancora raccolti in questa Eucaristia dei Santi Oli che rivela la natura sacramentale della Chiesa e motiva la nostra fraternità presbiterale.
In forza di questa fraternità desidero rivolgere il mio saluto e quello dell’intera Chiesa Volterrana a quanti ricordano in questo anno una significativa ricorrenza della propria Ordinazione Sacerdotale. Ricordo, primo tra tutti, S. E. Mons. Ovidio Lari, nel 65° anniversario di Sacerdozio e, subito dopo, Mons. Francesco Magni che celebra il 60°, don Giuliano Giovannini che ricorda il 25° di Ordinazione e, finalmente, don Michele Meoli che da un anno ha iniziato il suo servizio ministeriale.
Ad essi uniamo il ricordo fraterno di S. E. Mons. Mario Meini che vive quest’anno il 10° anniversario della Consacrazione Episcopale. Nell’arco di queste ricorrenze, che vanno dal 1° al 65° ed oltre, tutti ci siamo, e tutti portiamo qui davanti al Signore la fatica gioiosa e consolata di essere i Suoi servi, gli operai nella vigna, cadenzati nelle diverse ore della nostra giornata.
Fratelli e sorelle, abbiamo guardato a questo giorno nel lungo itinerario quaresimale, come a quello che custodisce il frutto della Redenzione: i Sacramenti Pasquali per la vita del mondo; come al giorno che torna a compaginare l’unità del Presbiterio ed a ravvivare i motivi della nostra dedizione ed i gesti del nostro servizio alla Chiesa del Signore. Ed ora siamo qui, sotto il cielo d’oro della nostra Cattedrale, per immergerci nella Grazia di quest’ora e di questi gesti e lasciarci da essi riconsegnare, quasi trasportati dall’onda fluente dei Santi Oli, al servizio dei fratelli per la costruzione del Regno.
Abbiamo inteso la Parola di Gesù nel Vangelo di Luca che, raccogliendo l’anelito di un antico profeta, promulgava l’anno di Grazia, il Giubileo della storia da parte del Signore.
L’anno giubilare, secondo la comprensione di Israele, era il ripristino della fraternità tra le persone, le famiglie, le tribù sotto il segno del dono di Dio. Era il superamento dell’avidità, della reciproca dominazione sotto il segno della terra donata. Il popolo ritrovava il vincolo dell’unità, della pace, di una solidale giustizia perché ciascuno veniva reintegrato nel possesso della terra, dei beni perduti, dell’Alleanza prevaricata.
Gesù, nella sinagoga di Nazaret, indica nell’oggi del tempo messianico la presenza di un anno di Grazia, di un Giubileo che sarà coestensivo alla storia, contemporaneo al pellegrinaggio di ogni generazione nel tempo. E’ il Suo Regno il definitivo Giubileo; è la presenza della Chiesa nella storia l’anno di Grazia continuamente aperto, stabilmente offerto a ciascuno di noi.
Sorelle e fratelli miei, confratelli nel Presbiterato, c’è una domanda che fortemente bussa alle porte del cuore, alla porta della vita: cosa significa per noi, oggi, entrare nel Giubileo messianico, nell’anno di Grazia da parte del Signore? Quale terra dobbiamo donarci, quali beni dell’Alleanza dobbiamo reciprocamente consegnarci ed insieme offrire al mondo?
Eccola la nostra terra: Gesù Cristo è la nostra terra, è la terra promessa da Dio; eccoli i beni dell’Alleanza: i Santi Oli ed i Sacramenti che per essi si compiono nella vita della Chiesa.
Come l’antico Israele nell’anno giubilare ritornava nel dono della terra, così noi, in questo Giubileo della storia che è l’annuncio del Regno, dobbiamo tornare ad accogliere il dono di Gesù, nostra terra e nostra patria.
Cosa significa accogliere il dono di Gesù? Significa anzitutto smetterla di fuggire, cessare di allontanarci sulle strade delle nostre mediocrità, dei nostri peccati, di una fede sempre più evanescente, di una vita cristiana sempre più domata dal mondo e perciò deludente per noi ed insignificante per il mondo.
Accogliere il dono di Gesù significa riconsegnarci a Lui nel gesto di una fede forte, radicale, innamorata, che ha sete della Sua Parola e fame dei Suoi Sacramenti. In questo riconsegnarci a Lui c’è tutta la fatica, ma soprattutto la gioia, dell’uscir fuori dai nostri grigiori spirituali, dalle tiepidezze dei nostri rapporti, dallo strascicamento delle nostre abitudini divenute di ragione a se stesse, dalla avidità delle nostre vergogne e delle nostre timidezze davanti al mondo.
Accogliere il dono di Gesù significa riconoscerLo nei Suoi Sacramenti, in questi Oli Santi che stamattina benediciamo. Significa per voi laici avere una forte ed assidua vita sacramentale, riconoscere in essa la potente azione dello Spirito che viene a sostenere la nostra ritornante debolezza, lasciare che essi, i Sacramenti, configurino la vostra identità, scandiscano ed accompagnino il cammino nella vita, improntino il vostro volto e la vostra testimonianza nella Chiesa e nella società. Significa per noi Presbiteri celebrare i Sacramenti non come mestieranti o professionisti, ma come gli amici dello Sposo che servono l’amore e la nuzialità della Chiesa sposa. Significa che la nostra vita, come tra poco diremo nella rinnovazione delle promesse sacerdotali, deve conformarsi a ciò che trattiamo, a Colui che serviamo, fino a trasformarci in Lui nel nostro modo di pensare, di agire, di essere.
Accogliere il dono di Gesù, nostro Giubileo e nostro anno di Grazia, significa inoltrarci con passione e con decisione nella terra dell’unità, nel vincolo della carità. Una Chiesa che voglia essere Giubileo del Regno, è una Chiesa dove si leva alta la sinfonia della fraternità. Vorrei dirlo soprattutto per noi Sacerdoti: la Messa Crismale che celebriamo stamani, il vincolo sacramentale che raccoglie il Presbiterio attorno al Vescovo, chiede che torniamo a riconsegnarci, a donarci reciprocamente la terra dell’amicizia, la patria della fraternità, dell’unità presbiterale.
Ve lo dico con passione e con sofferenza: non è possibile tollerare che ci siano inimicizie, divisioni od anche solo freddi ed annosi silenzi fra Sacerdoti. E’ una ferita grave alla Chiesa, è un’ombra che opacizza la comunione presbiterale, è uno scandalo continuo e condizionante per i fedeli, è un oggettivo impedimento ed impoverimento al servizio pastorale. Il Vescovo può esortare, pregare, parlare perché questi ostacoli vengano rimossi, come anche stamattina fa; può portare le colpe, quelle che ha e quelle che non ha, ma non può sostituirsi a voi, né cambiare il vostro cuore, i vostri comportamenti, i vostri pensieri, quando sono tenacemente negativi nei confronti di qualche confratello.
Fratelli nel Presbiterato, siamo qui per la consacrazione degli Oli con cui saranno amministrati i Sacramenti della Chiesa nell’anno che ci sta davanti: questi Oli sono il lieto annuncio ai poveri, la libertà dei prigionieri, la vista dei ciechi, la liberazione degli oppressi, questi Oli sono il nostro Giubileo messianico, sono l’anno di Grazia da parte del Signore. Scambiamocelo reciprocamente come dono questo anno di Grazia, concediamocelo reciprocamente nel perdono questo Giubileo di Misericordia.
Attorno all’Olio, raggiunto e vivificato dalla potenza dello Spirito, reso materia efficace per l’evento sacramentale, lasciamo che si ravvivi l’adesione di fede e di amore che la Chiesa di Volterra dà al suo Signore Risorto; che si ridesti l’impegno generoso dei laici a confessare e testimoniare Cristo nel mondo, nelle difficili vicende della vita; che risplenda la testimonianza dei Religiosi e delle Religiose che ci richiamano all’assolutezza di Dio, alla decisività del Suo amore, al primato del Regno che vale più della vita; attorno a quest’olio lasciamo che si rinsaldi il vincolo dell’unità presbiterale con l’abbondanza, la dolcezza e la gioia dell’olio profumato che scende sul capo e sulle vesti di Aronne; che si intensifichi il legame sacramentale ed umano con la persona del Vescovo, fatto di comprensione, di stima, di misericordia reciproca. Senza questa vicendevole misericordia, senza questo reciproco farci Grazia, l’essere vicini diventa un inferno, il collaborare una condanna, le risorse dell’altro una nube sul mio cielo, l’autorità l’origine di tutti i mali e la discarica di tutte le colpe, la stessa amicizia e le affinità di carattere presto s’inacidiscono o si affossano nella sopportazione e nella rassegnazione reciproca.
“Lo Spirito… mi ha consacrato con l’unzione e mi ha inviato… a proclamare un anno di Grazia da parte del Signore”.
L’olio fluente che torna ancora a sgorgare dal costato glorioso di Cristo, dall’antico olivo della Chiesa Madre, adombrata nelle antiche pietre di questa Cattedrale, si ramifichi ora in mille e mille rivoli, attraverso il ministero dei Presbiteri, e raggiunga le nostre Comunità Parrocchiali, le nostre famiglie, le persone per sanare, ravvivare, risplendere. Che la forza silente e fluente dell’olio accenda nella nostra Chiesa, nella nostra vita, la gioia del Giubileo messianico, dell’anno di Grazia, la gioia del Regno.